Dolore alla caviglia

Dolore alla caviglia

Varie sono le cause di dolore alla caviglia. Molto spesso è possibile gestire i sintomi autonomamente, ma se il dolore non migliora dopo 2 settimane di riposo, è necessario vedere un medico o fisioterapista.

Cause più comuni di dolore alla caviglia:

  • Distorsione: è la lesione più frequente durante l’attività sportiva. Si può verificare dopo aver eseguito esercizi intensi, ripetitivi o movimenti rapidi, ma anche durante attività quotidiane (camminare, scendere le scale ecc). Il legamento maggiormente danneggiato è quello laterale ovvero il peroneo astragalico anteriore.

Sintomi : dolore, gonfiore, ematoma

  • Tendinite di Achille: infiammazione del tendine d’Achille (il tendine più grande e robusto dell’organismo), può essere dovuta a un singolo trauma o a microtraumi ripetuti che si ripetono durante la corsa, i salti o durante l’attività sportiva in generale.

Sintomi: Dolore intorno alla caviglia e tallone che si irradia verso l’alto, dolore ai polpacci stando in piedi sulle punte della dita, gonfiore e a volte rossore e calore, difficoltà a muovere il piede. In caso di tendinopatia non inserzionale  si può notare un nodulo tendinoso dovuto all’ispessimento del tendine a circa 2 3 cm di distanza dal punto di inserzione del tendine sul calcagno.

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  • Borsite del tallone d’Achille posteriore: infiammazione delle borsa(sacca di liquido posta a protezione dei tendini per evitare eccessivi sfregamenti con cute e ossa) che si forma in risposta alla pressione da parte delle calzature ed è situata all’apice del bordo posteriore della scarpa, tra cute e tendine d’Achille. Borsite calcaneare inferiore: a livello del calcagno inferiore vicino all’inserzione della fascia plantare. Anche movimenti ripetuti e senza un adeguato allenamento possono portare all’insorgenza della borsite.

Sintomi: Gonfiore localizzato, rossore, calore moderato, dolore sordo e pulsante. Dopo alcuni mesi si ha la formazione di un piccolo nodulo, dolente, molle, di color pelle o rosso.

  • Frattura della caviglia: infortunio scheletrico che consiste nella rottura di uno o più ossa tra piede e gamba. Può essere conseguenza di un’eccessiva rotazione della caviglia, una caduta accidentale, un salto da una grande altezza o incidente stradale. Esistono 4 tipi di frattura (unimalleolare, bi malleolare, trimalleolare, dell’astragalo)

Sintomi: Dolore acuto improvviso, gonfiore, ematoma locale, deformità scheletriche locali, rigidità, difficoltà a camminare (zoppia)e a muovere il piede. A volte è possibile avvertire un rumore scoppiettante o schioccante durante il trauma.

Come ridurre il dolore della caviglia

Cose da FARE

  • Riposo ed elevazione del piede
  • Utilizzare ghiaccio avvolto in un asciugamano per 20 minuti ogni 2 3 ore
  • Indossare scarpe comode con tacco non troppo alto e plantari adeguati
  • Utilizzare un tutore o supporto intorno alla caviglia
  • Provare a fare esercizi semplici di stretching
  • Prendere antidolorifici
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DA NON FARE

  • Non prendere antiinfiammatori nelle prime 48 ore dopo il trauma
  • Non camminare o stare in piedi per periodi troppo lunghi
  • Non indossare tacchi alti o scarpe con punta stretta

Consigli da chiedere al farmacista

  • Miglior antidolorifico da utilizzare
  • Plantari e cuscinetti per le scarpe
  • Se c’è necessità di vedere un medico

Consulta un medico se

  • Il dolore è molto forte e ti impedisce di svolgere le normali attività
  • Il dolore peggiora o hai molte recidive
  • Il dolore non migliora dopo averlo gestito a casa per 2 settimane
  • Hai formicolio o perdita di sensibilità nel piede
  • Soffri di diabete ( i problemi ai piedi possono essere molto più seri per chi soffre di diabete)

Vai in ospedale immediatamente se:

  • hai dolore lancinante
  • ti senti svenire, hai vertigini o nausea a causa del dolore
  • il tuo piede o caviglia appare deformato 
  • percepisci un suono, uno scoppiettio al momento del trauma
  • non sei in grado di camminare

Questi possono essere segni di una frattura che spesso richiede un trattamento immediato.

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Altre possibili cause di dolore al PIEDE

Dolore a livello dell’avampiede:

  • Metatarsalgia: sensazione dolorosa, di natura infiammatoria, in corrispondenza delle ossa metatarsali. E’ una malattia multifattoriale: non dovuta ad un’unica causa, ma è il risultato di un concorso di cause (allenamento e attività fisica intensa, deformità del piede congenite ed acquisite, calzature non appropriate, sovrappeso/obesità, esiti di fratture da stress, neuroma di Morton, diabete, artrite reumatoide o gotta).

Sintomi: dolore acuto, sordo o bruciante a livello dell’avampiede che peggiora         camminando, correndo o stando molto tempo in piedi. Si potrebbe avvertire anche  formicolio e intorpidimento dei piedi. 

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  • Neuroma di Morton: è una patologia degenerativa di un nervo plantare, situato a livello dell’avampiede nello spazio tra le ossa metatarsali, dove il nervo si divide in 2 nervi digitali per le due dita vicine corrispondenti. Può essere causato da traumi ripetuti, da l’utilizzo di tacchi alti ( è più frequente tra chi gioca a calcio e pratica danza). Interessa maggiormente il sesso femminile, quasi sempre monolateralmente, ma non è escluso un interessamento di entrambi i piedi. Colpisce maggiormente il  terzo spazio interdigitale.

Sintomi: dolore urente e lancinante nell’avampiede e tra le dita dei piedi, con  formicolio e intorpidimento, è possibile sentire come un nodulo o piccolo sassolino sotto il piede

  • Artrite: patologia degenerativa delle articolazioni. L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica, sistemica ed autoimmune che interessa soprattutto le piccole articolazioni quali mani, polsi e piedi. L’osteoartrite è la patologia articolare più frequente, definita da degenerazione della cartilagine e dei tessuti circostanti. A causa della degenerazione della cartilagine, le ossa tendono a sfregare una contro l’altra e ciò induce il liquido sinoviale ad aumentare, causando gonfiore, rigidità e dolore. Diventa molto comune con l’avanzare dell’età. L’OA colpisce tutte le articolazioni del corpo compresi piede e caviglia.

Sintomi: gonfiore, rossore, rigidità, dolore sordo e lancinante

  • Alluce valgo: deformazione del primo dito del piede, che appare lateralmente deviato verso le altre dita, con sporgenza del primo osso metatarsale. E’ una deformità ossea associata ad un’infiammazione costante o recidiva della borsa mucosa che si trova alla base dell’alluce.

Sintomi: dolore, gonfiore, presenza di una protuberanza definita “ a cipolla” a livello della prima articolazione del piede che può portare a una limitazione funzionale, compromettendo la dinamica del piede.

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Dolore a livello del retro piede:

  • Neuroma di Morton 
  • Fascite plantare: più comune causa di dolore calcaneare, dovuta ad un infiammazione del legamento arcuato (robusta fascia che unisce la zona plantare e il calcagno con la base delle dita)che ha lo scopo di trasmettere il peso del corpo al piede durante la deambulazione e la corsa. Nelle fasi iniziali è coinvolta solo l’inserzione del legamento quindi si ha dolore nel calcagno, successivamente il dolore può migrare fino all’avampiede, risparmiando le dita. Cause: scarpe inadeguate,obesità, debolezza o contratture dei muscoli della gamba, piedi piatti e cavi, sport ripetitivi come calcio, corsa, salti.

Sintomi: dolore soprattutto al risveglio nella parte interna del tallone, diminuisce durante la giornata per poi ricomparire dopo una lunga passeggiata o a fine giornata, migliora con il riposo.

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  • Piedi piatti: riduzione o assenza dell’arco plantare mediale. Chi soffre di tale alterazione ha dei piedi in cui la parte centrale appoggia del tutto o quasi al suolo. Possono essere una condizione congenita o acquisita.

Sintomi: dolore al piede che può irradiarsi alla caviglia, ginocchio, anca, zona lombare a causa dell’alterazione della distribuzione del peso sui piedi .  Iperpronazione (rotazione eccessiva del piede verso l’interno) , gonfiore nella parte interna della caviglia.

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Dolore a livello del calcagno:

  • Tendinopatia di Achille
  • Fascite plantare
  • Borsite

Dolore alle dita dei piedi:

  • Alluce valgo
  • Artrite
  • Gotta: malattia dovuta all’accumulo di acido urico e dei sui sali nelle articolazioni e nel sangue.

Sintomi: dolore improvviso soprattutto all’alluce, rossore, calore, gonfiore e rigidità articolare. I sintomi possono essere esacerbati dai movimenti e dalla pressione. 

Il dolore all'anca

Il dolore all’anca nell’adulto

Il dolore all’articolazione dell’anca è un sintomo molto comune, che va diagnosticato da un medico o specialista. Varie possono essere le cause, anche se quella più comune è l’osteoartrosi.

CAUSE

  • Osteoartrosi, meglio detta coxartrosi o artrosi dell’anca.
  • Impingement femoro acetabolare: le ossa dell’articolazione dell’anca (femore e testa dell’ acetabolo) non combaciano come dovrebbero  e si verifica un anomalo contatto tra i due capi. Il conflitto (cosi chiamato) può dipendere da una deformità dell’acetabolo che assume una conformazione a pinza tale da stringere la testa del femore o del femore la cui testa non è sferica e per questo durante il movimento sfrega contro il bordo dell’acetabolo.  Le deformità posso presentarsi anche insieme.
  • Lesione del labbro acetabolare:  cioè dell’anello di fibro cartilagine che circonda l’acetabolo e che ha lo scopo di mantenere la testa del femore all’interno dello stesso e fornire stabilità all’anca.
  • Displasia dell’anca: malformazione congenita che porta la testa del femore a dislocarsi dalla cavità acetabolare destinata a contenerla e a farla ruotare al proprio interno.
  • Frattura dell’anca: comune nelle persone anziane, soprattutto se interessate da forme severe di impoverimento osseo (osteoporosi, osteopenia) che favoriscono fratture spontanee dopo traumi modesti. 
  • Infezioni virali o batteriche dell’articolazione dell’anca come osteomielite o artrite settica.
  • Osteonecrosi: degenerazione dell’osso e delle strutture circostanti che può insorgere a causa di un’alterata vascolarizzazione, come esito di una frattura/lussazione non correttamente risolta o anche come evento avverso di alcune terapie, come la radioterapia nella zona del bacino o l’assunzione di corticosteroidi ad alte dosi, find sexynude.biz abigail breslin nude here.
  • Borsite trocanterica: patologia infiammatoria che interessa una o più borse sinoviali collocate sopra o sotto il grande trocantere del femore (il quale si trova sulla faccia laterale del collo del femore). Le borse hanno lo scopo di migliorare lo scorrimento tendineo e di ammortizzare gli urti, preservando i tessuti deboli. La patologia provoca dolore, rossore e gonfiore nella sede interessata.
  • Lesione dei muscoli ischio crurali (muscoli posteriori della coscia).
  • Infiammazioni a carico dei tessuti molli che circondano e articolano la testa del femore e l’acetabolo, come la tendinopatia del medio gluteo: infiammazione dei fasci muscolari del muscolo gluteo medio, che si estende dalla cresta iliaca al trocantere del femore e funziona da abduttore della coscia e da stabilizzatore in caso di appoggio monopodalico.
  • Discopatia con infiammazioni del nervo sciatico che può dare sintomi all’anca e all’inguine.
  • Infiammazione del nervo femorale laterale cutaneo.
  • Ernia inguinale o femorale.
  • Fibromialgia.
  • Neoplasia ossea primaria o metastatica.

Coxartrosi

Una delle principali cause di dolore articolare all’anca negli adulti.
E’ una condizione infiammatoria di tipo cronico, caratterizzata dalla degenerazione della cartilagine articolare costituente l’articolazione dell’anca. Puo’ avere origine idiopatica, quando si manifesta senza ragione o secondaria, quando è la conseguenza di un trauma, una frattura, infezione ecc.

Il dolore all'anca

La coxartrosi insorge a causa della degenerazione della cartilagine articolare che comporta un assottigliamento dello strato cartilagineo che ricopre le superfici ossee dell’anca. Come conseguenza all’assottigliamento, le superfici ossee sfregano tra di loro e causano infiammazione. Inoltre si ha la formazione di osteofiti, piccoli speroni ossei che si formano lungo i margini articolari dell’articolazione dell’anca. La loro formazione rappresenta una reazione del tessuto osseo, che cerca di stabilire una maggior superficie di contatto tra i corpi articolari usurati.

Fattori di rischio

  1. Età avanzata
  2. Sesso femminile
  3. Storia passata di infortuni dell’anca
  4. Sedentarietà
  5. Obesità/sovrappeso
  6. Diabete
  7. Artrite reumatoide
  8. Gotta

Sintomi

  • Dolore a livello dell’anca e nelle vicinanza (inguine, parte anteriore della coscia) dovuto all’infiammazione dei tessuti dentro e intorno all’ articolazione dell’anca.
  • Rigidità articolare e riduzione del ROM articolare (range of motion)
  • Difficoltà ad eseguire alcune attività (camminare, alzarsi dal letto ecc)

Rimedi

Non esiste una cura per l’osteoartrosi.

farmaci antidolorifici e anti infiammatori possono aiutare a ridurre i sintomi nelle prime fasi della malattia. Se il dolore peggiora, ma sempre nelle fasi iniziali, si può ricorrere ad infiltrazioni di acido ialuronico, che rallentano la distruzione della cartilagine e la progressione della malattia. Di fronte ad un’artrosi avanzata il trattamento chirurgico rimane la scelta migliore. Questo consiste nell’inserimento di una protesi che sostituisce la naturale articolazione malata. L’intervento elimina il dolore e migliora la qualità di vita dei pazienti. 

Il dolore all'anca

Il calo ponderale, l’esercizio fisico e la fisioterapia sono indispensabili nella fase pre e post operatoria. Dopo l’intervento è necessario intraprendere un programma riabilitativo mirato a rafforzare i muscoli, migliorare la mobilità dell’anca e favorire un recupero precoce. Anche prima dell’intervento, eseguire esercizi di rinforzo muscolare e mobilità è consigliato per ottenere una ripresa più veloce ed efficace una volta inserita la protesi. 

Il dolore all'anca

Quando è opportuno rivolgersi ad un medico

Il dolore all’anca spesso migliora da solo e può essere gestito attraverso l’uso di anti dolorifici e con riposo.

E’ consigliabile consultare un medico nei seguenti casi:

  • il dolore all’anca non passa dopo una settimana di riposo a casa
  • in presenza di febbre o irritazione e prurito
  • il dolore è in entrambe le anche e in altre articolazioni
  • il dolore all’anca si è presentato improvvisamente e il soggetto è affetto da anemia falciforme

Vai immediatamente in ospedale se:  

  • il dolore all’anca si è presentato dopo una brutta caduta o incidente
  • la gamba è deformata, sanguinante e con un brutto ematoma
  • non riesci a muovere l’anca e a caricare sulla gamba
  • hai dolore all’anca, febbre e malessere generale

Gestire i sintomi a casa

Se non strettamente necessario( come nei casi sopra menzionati), prima di consultare un dottore o specialista, puoi provare a gestire il problema autonomamente.

Potresti trovare beneficio considerando le opzioni sotto riportate:

  • perdere peso
  • evitare attività che incrementano il dolore, come correre
  • indossare scarpe troppo basse ed evitare di stare in piedi per periodi lunghi
  • vedere un fisioterapista per avere un programma di esercizi specifici di rinforzo muscolare
  • prendere anti dolorifici

Overactivity

Il dolore all'anca

Se pensi che il dolore all’anca sia dovuto allo sport, ad esercizi o attività che svolgi regolarmente, potresti seguire questi consigli:

  • riduci gli esercizi o sport che pratichi se ti stai allenando troppo
  • fai un riscaldamento prima di esercitarti e dello stretching al termine dell’allenamento
  • esegui attività in assenza di carico come nuoto o bicicletta, piuttosto che la corsa
  • corri su superfici lisce e morbide, come l’erba, piuttosto che sul cemento

accertati che le scarpe da corsa calzino e supportino i tuoi piedi in maniera appropriata.

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Artrite reumatoide

Introduzione

L’artrite reumatoide è una patologia infiammatoria cronica,sistemica ed autoimmune che causa dolore, gonfiore e rigidità a livello delle articolazioni. Di solito colpisce le articolazioni delle mani, dei piedi e i polsi.

Ci sono periodi in cui i sintomi possono peggiorare, le cosi dette ricadute. Periodi di esacerbazioni si susseguono ad altri di remissione, si può affermare che la patologia ha un andamento ciclico recidivante.
Una ricaduta è difficile da prevedere, ma con il giusto trattamento si può ridurre il numero di recidive e diminuire i danni sulle articolazioni.
Molte persone affette da artrite reumatoide lamentano dolori in altre parti del corpo o più comunemente sintomi generali come stanchezza e perdita di peso.

SINTOMI

L’ artrite reumatoide colpisce le articolazioni di tutto il corpo, anche se maggiormente sono coinvolte le piccole articolazioni della mani e dei piedi.

Solitamente coinvolge le articolazioni simmetricamente (entrambi i lati del corpo nello stesso momento e in egual misura ), ma non sempre è cosi.
I sintomi principali sono dolore, gonfiore e rigidità. Spesso i sintomi si presentano gradualmente nell’arco di più settimane, ma in alcuni individui la malattia progredisce più rapidamente in pochi giorni.
I sintomi variano da persona a persona, possono sparire per poi ripresentarsi, oppure mutare nel corso del tempo. A volte si possono presentare ricadute e l’infiammazione può estendersi a tutto il corpo.

DOLORE: di solito il dolore da artrite reumatoide è pulsante e lancinante. Peggiora la mattina e dopo un periodo di inattività.
RIGIDITA’: altro sintomi di questa patologia è la rigidità che interessa maggiormente le mani ed in questo caso può alterare la capacità del soggetto di piegare le dita o formare un pugno.

La rigidità, come il dolore, peggiora la mattina e dopo un periodo di inattività.
La rigidità mattutina è riscontrabile anche nell’artrosi. La differenza tra le due è che nella prima tale sintomo scompare dopo circa 30 minuti dal risveglio, invece nell’ artrite reumatoide si protende per più tempo.

GONFIORE, ROSSORE E CALORE: i tessuti molli che rivestono le articolazioni si possono infiammare e causare gonfiore articolare e calore. Con il tempo la flogosi cicatrizza, il tessuto infiammatorio diventa fibroso o cicatriziale. Il conseguente ispessimento dei tessuti intrarticolari, associato alla degenerazione cartilaginea, alle erosioni ossee ed al gonfiore, riduce sensibilmente la mobilità dell’articolazione.

Fino al 30% dei soggetti affetti da artrite reumatoide presenta rigonfiamenti solidi subito sotto la cute (definiti noduli reumatoidi), in genere in prossimità delle zone di pressione (come la parte posteriore dell’avambraccio vicino al gomito).

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Essendo una malattia sistemica può coinvolgere molti organi del corpo tra cui cuore, reni e polmoni ed essere causa di altri sintomi, tra cui:

  • stanchezza e perdita di energia
  • aumento della temperatura
  • sudorazione
  • riduzione dell’appetito
  • perdita di peso
  • secchezza agli occhi (nel caso in cui gli occhi siano coinvolti) 
  • dolore al torace (nel caso in cui il cuore o polmoni siano colpiti)

CAUSE

Non si conosce la causa precisa di questa malattia. L’ artrite reumatoide  è considerata una malattia autoimmune, cioè è provocata da alcuni componenti del sistema immunitario che attaccano i tessuti molli che ricoprono le articolazioni. Il tessuto sinoviale che copre  le articolazioni diventa doloroso e infiammato e rilascia sostanze chimiche dannose per ossa, cartilagine, tendini e legamenti. L’infiammazione della sinovia produce molto liquido che si riversa nell’articolazione, tendini e borse. In condizioni normali questo liquido, detto sinoviale, è importante per garantire il nutrimento alla cartilagine articolare, proteggere le articolazioni dagli impatti e  facilitare lo scorrimento tra le varie strutture anatomiche. Quando è eccessivo causa però gonfiore diffuso; caratteristico è quello delle dita, che assumono la tipica forma a fuso.

In fase avanzata, il perdurare della flogosi, fa si che la cartilagine, l’osso e i legamenti delle articolazioni sono erosi (si usurano), causando deformità, instabilità e formazione di tessuto cicatriziale all’interno dell’articolazione.
Con il tempo le ossa si deformano e usurano e, se la patologia non viene trattata, le articolazioni si possono danneggiare completamente.
Ad ogni modo, ad oggi, ancora non è si sa quale sia il fattore trigger che spinge  il sistema immunitario ad attaccare le articolazioni e provocare la patologia.

POSSIBILI FATTORI DI RISCHIO

L’ artrite reumatoide è una malattia multifattoriale, cioè ci sono vari fattori che aumentano il rischio di svilupparla:

  1. geni– anche se non ci sono evidenze certe, si pensa che la predisposizione genetica possa influenzare l’andamento di questa patologia
  2. ormoni– l’ è più frequente nelle donne , forse per l’effetto degli ormoni estrogeni, ma ciò non è stato scientificamente provato
  3. fumo– alcune ricerche hanno suggerito che il fumo può essere un fattore predisponente alla malattia 
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DIAGNOSI

  • Esami del sangue

I medici effettuano esami del sangue per determinare i livelli ematici del soggetto per quanto riguarda il fattore reumatoide e gli anticorpi anti-CCP e, solitamente, la proteina C-reattiva, VES o entrambi.

Diversi soggetti che soffrono di artrite reumatoide hanno nel sangue anticorpi specifici, quali il fattore reumatoide e gli anticorpi anti-CCP.
Il fattore reumatoide è una proteina che il sistema immunitario produce quando attacca il tessuto sinoviale. La metà delle persone affette da artrite reumatoide ha un valore elevato di fattore reumatoide all’inizio della patologia, 1 individuo su 20 senza artrite reumatoide può essere positivo al test.
Gli anticorpi anti-CCP sono anche essi prodotti dal sistema immunitario, sono presenti in oltre il 75% dei soggetti che soffrono di artrite reumatoide e sono quasi sempre assenti nelle persone che non ne soffrono. Ma non tutti gli individui con artrite reumatoide hanno questi anticorpi.
Proteina C reattiva è un altro test per misure il livello di infiammazione.

VES: La VES è un altro esame per individuare la presenza di infiammazione e misura la velocità con cui i globuli rossi si depositano sul fondo di una provetta contenente sangue. Tuttavia, aumenti simili della VES, dei livelli di proteina c-reattiva o di entrambi possono manifestarsi in molti altri disturbi. I medici potrebbero monitorare la VES o la proteina c-reattiva per cercare di determinare se la malattia sia attiva.
La VES è utile anche per verificare la presenza di anemia. La maggior parte dei soggetti affetti da artrite reumatoide presenta una lieve anemia (un numero insufficiente di globuli rossi). 

  • SCANS

La radiografia e la risonanza magnetica sono strumenti utilizzati per controllare l’infiammazione e le alterazioni nelle articolazioni causate dalla malattia. Possono aiutare a monitorare il decorso  della malattia nel tempo e a differenziare le diverse forme di  artrite. 

TRATTAMENTO

Il trattamento per l’ artrite reumatoide può aiutare a ridurre l’infiammazione, il dolore, prevenire  o rallentare il danno articolare e la disabilità. Non esiste una cura, ma un trattamento precoce può ridurre il rischio di incombere in seri danni e limitare l’impatto della patologia sulla vita dell’individuo.

Di seguito le tipologie di trattamento utilizzate:

  • Farmaci
  • Fisioterapia, terapia occupazionale
  • Provvedimenti relativi allo stile di vita (smettere di fumare, seguire una dieta ecc)
  • Intervento chirurgico 

Farmaci: I FANS sono comunemente usati per trattare i sintomi dell’artrite reumatoide. Non prevengono il progredire del danno causato dall’artrite e quindi non devono essere utilizzati come trattamento primario. 

I FANS possono ridurre il gonfiore delle articolazioni colpite e alleviare il dolore. Possono essere assunti per via orale o applicati direttamente sulla cute sopra le articolazioni dolorose. L’artrite reumatoide, a differenza dell’osteoartrite, causa un’infiammazione considerevole. Di conseguenza, i farmaci che diminuiscono l’infiammazione, inclusi i FANS, hanno un vantaggio importante sui farmaci quali il paracetamolo, che riduce il dolore, ma non l’infiammazione.

Dal momento che possono rallentare effettivamente la progressione della malattia e alleviare i sintomi, i farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD) vengono spesso avviati non appena viene formulata la diagnosi di artrite reumatoide. Circa due terzi delle persone migliorano, in generale, e le remissioni complete sono sempre più frequenti. La progressione dell’artrite solitamente rallenta, ma il dolore può persistere. I soggetti devono essere messi al corrente dei rischi dei DMARD e devono essere sorvegliati attentamente per controllare la tossicità.

I corticosteroidi sono potenti farmaci antinfiammatori che sopprimono il sistema immunitario. I corticosteroidi, come il prednisone, sono i farmaci assolutamente più efficaci nel ridurre l’infiammazione e i sintomi dell’artrite reumatoide in ogni sede del corpo. Benché i corticosteroidi siano efficaci per l’uso a breve termine, potrebbero non prevenire la distruzione dell’articolazione e potrebbero perdere efficacia con il tempo, mentre l’artrite reumatoide rimane in genere attiva per anni.

Di conseguenza, i medici in genere riservano i corticosteroidi per l’uso a breve termine nelle seguenti situazioni:

  • Quando si avvia il trattamento per i sintomi gravi (finché un DMARD non ha raggiunto l’effetto)
  • Nelle riacutizzazioni gravi quando sono colpite molte articolazioni
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Trattamento biologico: altre classi di farmaci immunosoppressori vengono spesso chiamate collettivamente agenti biologici. Un agente biologico viene prodotto a partire da un organismo vivente. Molti agenti biologici utilizzati per trattare l’artrite reumatoide sono anticorpi. Analogamente ai farmaci immunosoppressori, gli agenti biologici sopprimono l’infiammazione in modo da evitare i corticosteroidi o utilizzarli a dosi inferiori. Pertanto, interferendo con il sistema immunitario, gli agenti biologici possono aumentare i rischi di infezione e di alcuni tumori.

TRATTAMENTO DI SUPPORTO

FISIOTERAPIA

La fisioterapia ha lo scopo di mantenere una buona forma fisica, di rinforzare i muscoli e di rendere le articolazioni più flessibili.

Se le mani e i polsi sono coinvolti dalla malattia, il fisioterapista, tramite sedute individuali, mostrerà al paziente una serie di esercizi da ripetere anche individualmente a casa. Foto 3

Il fisioterapista potrà dare consigli per la riduzione dei sintomi tramite l’applicazione di calore o ghiaccio e tramite l’utilizzo di dispositivi elettromedicali quali la TENS.

La scelta della terapia con il calore (termoterapia) o con il freddo (crioterapia) spesso è personale del terapista, benché quest’ultima si dimostri più efficace nel dolore acuto. Nell’ambito di un trattamento a base di termoterapia o crioterapia, occorre usare cautela, al fine di evitare ustioni e lesioni da freddo. Il calore aumenta il flusso ematico e rende il tessuto connettivo più flessibile. Riduce temporaneamente la rigidità articolare, il dolore e gli spasmi muscolari. Inoltre, contribuisce ad attenuare l’infiammazione e l’accumulo di liquido nei tessuti. L’applicazione di freddo può essere utile per rendere insensibili i tessuti e attenuare gli spasmi muscolari.

L’elettrostimolazione nervosa transcutanea TENS può essere applicata diverse volte al giorno per un periodo compreso tra 20 minuti e varie ore, in base alla gravità del dolore. Spesso, è possibile insegnare ai pazienti a utilizzare questo apparecchio in casa, se necessario. La maggioranza dei pazienti tollera bene la terapia, ma non tutti ottengono un’attenuazione del dolore. Questo macchinario attraverso un piccolo impulso elettrico può intorpidire le terminazioni nervose alleviare il dolore dell’ artrite reumatoide  . Prevede l’uso di un dispositivo portatile, a batteria, che produce la corrente, applicata attraverso gli elettrodi sulla cute. Il dispositivo provoca una sensazione di formicolio ma non dolorosa.

Anche i massaggi possono alleviare il dolore, ridurre il gonfiore e far rilasciare i tessuti che sono tesi (contratti). Inoltre il fisioterapista può praticare mobilizzazioni passive sui pazienti per allentare le rigidità articolari ed insegnare esercizi di stretching e ginnastica dolce che il paziente potrà svolgere anche a casa.  L’esercizio fisico regolare è consigliato per mantenere la forza muscolare e la funzionalità fisica generale; peraltro, la fatica di esercizio aiuta a decentrare l’attenzione dai dolori localizzati.

Altro trattamento è l’agopuntura che prevede l’inserimento di sottili aghi per via sottocutanea in specifiche sedi del corpo, spesso lontano dalla sede del dolore. Gli aghi vengono ruotati rapidamente e a intermittenza per alcuni minuti, oppure viene applicata una corrente elettrica di bassa intensità attraverso gli aghi. L’agopuntura può stimolare il cervello a produrre endorfine. Queste sostanze, prodotte naturalmente dal cervello, bloccano la sensazione di dolore e riducono l’infiammazione. L’agopuntura trova talora impiego con altri trattamenti per la gestione di dolore cronico e artrite di recente sviluppo. 

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TERAPIA OCCUPAZIONALE

Un terapista occupazionale ha il compito di insegnare al paziente e dare consigli su come proteggere le articolazioni sia a casa che sul lavoro.
Può fornire supporti come tutori o attrezzi che possono aiutare a svolgere mansioni come aprire un barattolo o girare un rubinetto che possono diventare difficili nelle fasi avanzate della malattia.

CHIRURGIA

A volte l’intervento chirurgico è necessario per recuperare l’abilità di usare le articolazioni nel caso siano completamente danneggiate e i farmaci non sono stati efficaci. 

Esempi:

  • sindrome del tunnel carpale – la chirurgia consiste nel tagliare il legamento nel polso per ridurre la compressione sul nervo
  • liberazioni dei tendini delle dita per ridurre le deformità
  • rimozione del tessuto infiammato che riveste le articolazioni delle dita

L’artroscopia è l’operazione utilizzata per rimuovere il tessuto osseo infiammato.

Protesi articolari

La sostituzione chirurgica dell’articolazione in particolar modo del ginocchio, dell’anca o spalla è il modo più efficace per ripristinare la motilità e la funzione nella fase avanzata della patologia articolare.

ALIMENTAZIONE E DIETA

Non ci sono evidenze scientifiche a provare che una specifica dieta possa migliorare i sintomi dell’artrite reumatoide  . Nonostante ciò alcuni pazienti possono avere un peggioramento dei sintomi mangiando alcuni cibi. E’ comunque importante seguire un regime alimentare salutare e bilanciato. La dieta mediterranea è raccomandata.

artrite-reumatoide mangiare pesce

Chi segue una dieta mediterranea (ricca di ortaggi, cereali integrali e leguminose) ha un rischio inferiore di insorgenza e gravità per l’artrite reumatoide.

E’ dunque possibile stabilire una gamma di alimenti che possono essere utili nel trattamento dell’artrite reumatoide, ovvero quelli ricchi di certi acidi grassi :l’olio di krill e certe alghe (che possono essere consumate come tali o sotto forma di olio); tra i pesci ricordiamo tutti quelli azzurri come: tonno (più la ventresca del filetto), pesce spada, palamita, sgombro, lanzardo, aguglia o costardella, sugarello, cicerello, papalina, aringa, alaccia, sarda o sardina, acciuga o alice, merluzzo.

Se è vero che alcuni alimenti possono favorire la riduzione sintomatologica dell’artrite reumatoide, è altrettanto vero che certi nutrienti ed un eccesso del grasso corporeo ne peggiorano la condizione.

L’obesità consiste in un esubero del grasso corporeo, il quale viene stoccato principalmente nel tessuto adiposo; quest’ultimo non è fatto di materia amorfa, bensì da cellule che interagiscono con il resto dell’organismo. Nello specifico, quando sono troppo gonfie e sollecitate allo sviluppo, queste cellule secernono varie molecole di natura infiammatoria che peggiorano la condizione.

Un eccesso alimentare cronico, causando sovrappeso, costituisce un importante fattore di rischio per l’artrite reumatoide. Inoltre, l’aumento del carico di lavoro sulle articolazioni dolenti non può far altro che aggravare la sintomatologia dolorosa.
E’ anche dimostrato scientificamente che l’abuso alcolico incide negativamente sulla malattia favorendone l’insorgenza ed il peggioramento.

Cranio Sacrale

La terapia Cranio-Sacrale

Introduzione

Il fondatore della terapia cranio sacrale fu William Garner Sutherland, un giornalista scozzese che rimase affascinato dal personaggio di Still ( fondatore dell’osteopatia) a tal punto da iscriversi alla sua scuola. Durante gli studi passava continuamente per un corridoio dove erano esposte alcune ossa vere e tra queste si soffermò su un cranio disarticolato. Egli notò che tra le ossa parietali e temporali c’era un’apertura (mentre sui libri queste venivano presentate come saldate). Le superfici articolare delle ossa craniali sembravano destinate ad una mobilità e dato che tutto il corpo si muove, pensò che anche il cranio avesse questa capacità, cosi iniziò un periodo di studio del cranio che durò ben 25 anni. In questo lasso di tempo fece vari esperimenti anche su se stesso. Poi si chiese: cosa fa muovere le ossa?

Cranio Sacrale

La terapia cranio sacrale di William Garner Sutherland

Fece un paragono tra articolazioni periferiche ed il cranio che è costituito da ossa, liquido cerebro spinale (liquido sinoviale) e la dura madre (legamenti), l’unica cosa che mancava erano i muscoli. Suotherland pensò che mancando i muscoli tra le ossa craniche, ciò che permette il movimento è un motore interno: la corteccia cerebrale.

Da qui nasce il concetto di MOVIMENTO RESPIRATORIO PRIMARIO basato sull’impulso ritmico craniale, il quale andrebbe a creare un movimento impercettibile, continuo, ritmico, involontario e permanente che può essere paragonato alle contrazioni del colon, al movimento del cuore, dei polmoni ecc

Successivamente, vari studi scientifici hanno potuto dimostrare che le ossa del cranio non sono saldate tra di loro, bensi’ nello spazio tra le suture sono state trovate fibre collagene e arteriole che portano il nutrimento alla zona. Il movimento respiratorio è stato percepito e misurato (25 micron).

Oggi il movimento respiratorio primario è il principale indice del nostro stato di salute e durante il trattamento osteopatico è un parametro che deve migliorare per far  si che lo stesso paziente recuperi uno stato di salute soddisfacente. 

I principi osteopatici fondamentali sono:

  • il corpo è un’unità e come tale funziona
  • la struttura governa la funzione
  • il corpo ha capacità innate di autoregolazione e auto guarigione

Quindi le ossa del cranio e del sacro funzionano come un’unità funzionale che possiede una mobilità involontaria nelle fasi del MRP (meccanismo respiratorio primario) .

Il cranio induce il MRP di tutto il corpo avvalendosi, nella sua trasmissione della collaborazione del sacro ed il sistema neurovegetativo. Questo legame tra cranio e sacro è detto CORE LINK. 

Cranio Sacrale

L’attività del Sistema Cranio Sacrale influenza tutto il sistema. Le disfunzioni somatoviscerali e viscerosomatiche sono in grado di ridurne l’efficienza, causando disturbi o con il passare del tempo, vere e proprie patologie.

La terapia cranio sacrale diventa uno strumento per mantenere o riportare in salute alcune tra le più importanti strutture del nostro organismo e quindi per ri-armonizzare il movimento cranio sacrale nel caso sia alterato da qualche patologia. 

In condizioni di buona salute, i movimenti cranio sacrali sono periodici, equilibrati e determinano movimenti ritmici in tutta la struttura corporea. Sono percepibili attraverso una palpazione manuale.

Quando l’organismo è malato, questi movimenti sono alterati.

Indicazioni terapia cranio sacrale

Si ricorre alla terapia cranio sacrale soprattutto quando si soffre di una qualche patologia ad esempio:

  • PROBLEMATICHE DELL’APPARATO RESPIRATORIO
  • DISTURBI ENDOCRINI
  • DISTURBI DELLE ARTICOLAZIONI
  • DISTURBI GINECOLOGICI
  • DISTURBI CARDIACI E DEI VASI SANGUIGNI
  • DISTURBI DEL SONNO
  • VERTIGINI
  • DISTURBI DIGESTIVI
  • DISTURBI DELL’APPARATO STOMATOGNATICO
  • DISTURBI DELLE FUNZIONI VISCERALI
  • DOLORI CRONICI
  • DISTURBI VISIVI E DELL’ORECCHIO MEDIO
  • PROBLEMATICHE PSICO-SOMATICHE E IPERATTIVITA’ NEL BAMBINO
  • DISTURBI DI ORIGINE POSTUROLOGICA

In realtà essa è anche un ottimo strumento di controllo e di prevenzione a cui ricorrere periodicamente nel corso della vita.

Si tratta di una terapia delicata e sicura, che viene svolta manualmente dall’operatore tramite un tocco leggero alle ossa craniche e lungo tutta la colonna vertebrale. Favorisce il riequilibrio dell’impulso ritmico craniale andando a correggere quegli errori che hanno generato dolore o fastidio.

Cranio Sacrale

Il trattamento effettuato va ad agire in maniera profonda sul sistema nervoso, inducendo uno stato di benessere generale, a livello fisico ed emotivo, influenzando anche il sistema ormonale e quello immunitario.

In Italia questa disciplina non è ancora stata associata ufficialmente alla medicina tradizionale al contrario di molti altri paesi europei, anglosassoni ed americani, e, oltre ad alcune scuole di osteopatia, vi sono pochissime scuole che la insegnino in seri iter scolastici, conformemente all’eredità lasciataci dal Dott. Sutherland. I benefici dell’approccio cranico al neonato e all’adulto sono oggi giorno ampiamente documentati e dimostrati. Tuttavia le tecniche vanno eseguite esclusivamente da operatori che abbiano una profonda conoscenza della neuroanatomia e della biomeccanica e biodinamica craniosacrale.

Ginocchio: la sindrome Femoro-Rotulea

La sindrome femoro-rotulea, indicata con l’acronimo PFPS (patello femoral pain syndrome), è una condizione dolorosa che colpisce l’articolazione tra femore e rotula. E’ caratterizzata dall’insorgenza di un dolore nella zona anteriore del ginocchio, dovuto ad un mal funzionamento del meccanismo di scorrimento tra le due ossa. Spesso definita come runner’s knee, ossia ginocchio del corridore, è maggiormente riscontrata in persone che svolgono sport che sovraccaricano l’articolazione del ginocchio come corsa e salti, ma anche nei ciclisti.
Il dolore è legato all’infiammazione della cartilagine a causa del cattivo scorrimento tra rotula e femore durante la flesso estensione di ginocchio. La rotula tende a lateralizzarsi, scorrendo sul margine esterno del ginocchio aumentando l’attrito con il femore.

Le ragioni di questo mal allineamento della rotula possono essere le seguenti:
1. Ipotrofia del quadricipite
2. Sovraccarico funzionale in flessione di ginocchio
3. Frattura o dislocazione della rotula
4. Chirurgia del ginocchio

1. La prima è la più comune in quanto il muscolo quadricipite si oppone alla lateralizzazione della rotula, quando questo muscolo è ipotrofico e inoltre anche i muscoli intorno alla anche (come ad esempio i glutei) sono deboli, questi non mantengono un buon allineamento tra le ossa, causando l’attrito della rotula con il femore durante la flesso estensione del ginocchio.
Il movimento verso l’interno del ginocchio, durante lo squat, è inoltre stato associato al dolore femoro rotuleo;
2. Anche il sovraccarico funzionale del ginocchio può portare alla sindrome femoro-rotulea, in quanto sport come la corsa o il salto imprimono stress ripetitivi sull’articolazione del ginocchio causando irritazione sotto la rotula;
3. Un trauma della rotula, come frattura o dislocazione, può essere associato alla sindrome femoro-rotulea;
4. La chirurgia del ginocchio, in particolar modo la riparazione del crociato anteriore usando il tendine rotuleo, aumenta il rischio di sviluppare tale sindrome nel tempo.

Fattori di rischio
Età:
si presenta soprattutto negli adolescenti o giovani adulti;
Sesso: le donne sono più soggette a sviluppare questa condizione a causa della conformazione del bacino;
Sport: la corsa e il salto aumentano lo stress sul ginocchio soprattutto in periodi di incremento dell’attività fisica;
Conformazione fisica: una eccessiva pronazione dell’articolazione subtalare (del piede), o un aumento dell’angolo Q (angolo formato dall’intersezione di due linee, la prima che va dalla spina iliaca antero-superiore al centro della rotula, la seconda che va dalla rotula alla tuberosità tibiale), o ancora una maggiore tensione nel tratto ileo-tibiale, un’accentuazione della torsione tibiale, o un problema di controllo motorio della muscolatura dell’anca e del complesso lombo-pelvico.
Non è inusuale la presenza di una combinazione di queste cause, che determinano un’alterazione della meccanica articolare e delle forze che vengono esercitate a livello dell’articolazione femoro-patellare.

Sintomi
Generalmente la sindrome femoro-rotulea provoca un dolore sordo davanti al ginocchio che compare sia alla palpazione che al movimento, può essere associato anche a calore e gonfiore dell’articolazione e si può irradiare nel tessuto circostante. A volte può causare un blocco antalgico dell’articolazione.

Fattori aggravanti:
Salire le scale
Inginocchiarsi o/e fare squat
Stare seduti con il ginocchio piegato per periodi lunghi

Terapia
La fisioterapia è il trattamento primario in caso di sindrome femore-rotulea e consiste nella rieducazione funzionale del quadricipite, in particolar modo il vasto mediale obliquo e dei muscoli abduttori di anca.
A volte possono essere utili cerotti come il Tape Rotuleo per correggere il tilt e ginocchiere (su consiglio di uno specialista).
La terapia manuale viene utilizzata per trattare eventuali disfunzioni di movimento del ginocchio, ma anche per trattare altri distretti come piede, anche o schiena, che potrebbero influire sulla meccanica di questa articolazione.
La chirurgia viene utilizzata raramente con pochi risultati,soprattutto in pazienti a cui si è lussata la rotula almeno una volta.

Prevenzione
Per prevenire l’insorgenza di tale sindrome, ci sono degli accorgimenti che possono essere seguiti:

  • Mantenere la forza muscolare in particolar modo del muscolo quadricipite e dei muscoli abduttori dell’anca, evitando squat profondi durante gli allenamenti;
  • Perdere peso in eccesso. Per chi è sovrappeso perdere il peso riduce lo stress sull’articolazione;
  • Fare esercizi di riscaldamento (warm up) prima della corsa o di una qualsiasi attività fisica;
  • Usare calzature adeguate;
  • Fare stretching per migliorare la flessibilità muscolare;
  • Aumentare gradualmente l’intensità degli esercizi, evitando cambi improvvisi di intensità nel workout;
  • Pensare alla tecnica e al giusto allineamento articolare. Chiedere al fisioterapista quali sono gli esercizi per migliorare la flessibilità e la forza muscolare in modo da ottimizzare le tecniche di corsa e salto e aiutare la rotula ad allinearsi correttamente con il femore durante i movimenti di ginocchio. Inoltre è fondamentale lavorare sui muscoli delle anche per evitare che il ginocchio ceda internamente durante lo squat o la discesa di uno scalino o durante l’atterraggio dopo un salto.
studio di fisioterapia Cupelli Alessandra Fisioterapista a Viterbo

Fisioterapia: una tra le pratiche mediche più antiche, già Ippocrate ne parlava

La fisioterapia (dal greco Φυσιο = naturale e θεραπεία = terapia) è quella branca della medicina che si occupa del recupero di un movimento e di una funzione persi o compromessi a seguito di una patologia, disabilità o di una lesione. Inoltre aiuta a ridurre il rischio di infortuni e patologie future. Si ritiene che medici dell’antichità quali Ippocrate e Galeno possano essere considerati i primi praticanti di fisioterapia. Già nel 480 a.C essi proponevano trattati sul massaggio,tecniche di terapia manuale e terapia in acqua

Quando viene utilizzata la fisioterapia?

La fisioterapia viene utilizzata su persone di qualsiasi età con molteplici condizioni mediche inclusi problemi che affliggono:

  • Ossa, articolazioni e tessuti molli: come lombalgie, cervicalgie, dolori alla spalla e infortuni sportivi;
  • Cervello e sistema nervoso: come problemi del movimento a seguito di ictus, sclerosi multipla, Parkinson, SLA ecc.;
  • cuore e polmoni: come BPCO – broncopneumopatia  cronica ostruttiva e fibrosi cistica.

La fisioterapia aiuta a migliorare la forma fisica ed insieme a prevenire eventuali future problematiche.

Il Fisioterapista

Il fisioterapista è un professionista sanitario, in possesso di una laurea in fisioterapia e in continua formazione tramite corsi e master . I fisioterapisti spesso lavorano come parte di un team multidisciplinare, specializzandosi in diverse aree mediche e possono svolgere la loro attività in molteplici luoghi:

  • Ospedali;
  • Cliniche fisioterapiche private e pubbliche;
  • Centri medici e studi privati;
  • RSA – residenze sanitarie assistenziali e case di cura;
  • Team sportivi, clubs

Alcuni fisioterapisti inoltre offrono trattamenti domiciliari.

Cosa fanno i fisioterapisti?

Il fisioterapista considera la persona e il corpo nella sua complessità,non focalizzandosi solo su aspetti individuali di una lesione o patologia. Alcuni dei piu’ comuni approcci usati dai fisioterapisti includono:

  • educazione e consigli: il fisioterapista puo’ dare consigli generali su cose che possono condizionare la tua vita quotidiana come postura, strategie corrette di sollevamento e trasporto per prevenire infortuni
  • movimento, esercizi specifici e consigli su l’attività fisica: gli esercizi possono essere raccomandati dal fisioterapista per migliorare la salute generale,  la mobilità e per rinforzare determinate parti del corpo
  • terapia manuale: i fisioterapisti possono utilizzare le loro mani per ridurre dolore e tensione muscolare e migliorare il movimento corporeo

Ci sono anche altre tecniche utilizzate come l’idroterapia, cioè esercizi in acqua, l’agopuntura e le terapie strumentali (laserterapia, magnetoterapia, ultrasuonoterapia, elettroterapia ecc) di cui il fisioterapista deve essere a conoscenza. Quando assume un nuovo paziente il fisioterapista fa  un’anamnesi dell’assistito, esaminando la storia clinica, le prescrizioni mediche e controlla tutta la documentazione medica. Effettua poi un esame oggettivo, per valutare le capacità fisiche e motorie della persona in varie posizioni, utilizzando test specifici e strumenti particolari. Poi elabora un piano terapeutico su misura e specifico per ogni paziente, prefissando obiettivi e tempi. Ogni trattamento deve essere adattato a seconda delle necessità e delle condizioni fisiche del paziente. Un altro compito del fisioterapista è quello di monitorare l’andamento del piano terapeutico, valutando i risultati e apportando delle modifiche nel caso non si riscontrino i miglioramenti previsti.

L’obiettivo del fisioterapista è quello di aiutare le persone a stare meglio.

E’ una professione che valorizza il contatto fisico tra terapista e paziente. Empatia, ottime capacità relazionali, comunicative e analitiche sono requisiti indispensabili per un fisioterapista, oltre che un saldo bagaglio di conoscenze, resistenza e buona forma fisica. 

Bum And Bust, studio di fisioterapia Cupelli Alessandra Fisioterapista a Viterbo

Ciclo del Boom and Bust, Pacing e dolore cronico

Cosa è il dolore cronico?
Il dolore cronico (o persistente) è definito come un dolore che dura per più di 12 settimane. A differenza del dolore acuto, sensazione che si presenta subito dopo un infortunio, il dolore cronico persiste spesso per mesi o anche di più. A volte puo’ insorgere dopo un infortunio iniziale, come uno stiramento o strappo o puo’ essere la conseguenza di una malattia. Spesso le cause non sono chiare. Altri problemi come fatica, disturbi del sonno, riduzione dell’appetito e cambiamenti dell’umore possono accompagnare questo dolore.

Il dolore cronico può limitare i movimenti e provocare una riduzione della forza e della flessibilità muscolare. Tutto ciò, con il passare del tempo, genera frustrazione e perdita dell’autonomia e confidenza nello svolgere le regolari attività e movimenti. Il dolore persistente si può presentare in varie parti del corpo, per varie ragioni e il livello di dolore è difficile da misurare con una scala, in quanto è molto soggettivo.

Il self management, cioè imparare a gestire questo tipo di sintomi è la base per poter vivere meglio e in autonomia. Per fare questo è necessario conoscere ed evitare degli errori molto comuni. Parlando di dolore cronico non si può non menzionare il cosiddetto ciclo del Boom and Bust: una condizione molto comune a individui che presentano sintomi che durano più di 12 settimane.

Spesso le persone che lamentano dolore cronico, nei giorni in cui si sentono meglio, pensano di dover essere in grado di praticare determinate attività, per compensare, magari, a ciò che non sono riusciti a fare prima a causa dei sintomi (esempio: pulire casa, fare del giardinaggio, semplici lavori di manutenzione o lavorare al computer). Praticare un’attività intensa, che non si è eseguita per molto tempo, può risvegliare i dolori e causare un aumento significativo dei comuni sintomi. L’individuo va  incontro a delle flare ups o ricadute e in questo modo è costretto a non poter svolgere più l’occupazione o addirittura a dover stare fermo e/o sdraiato nel letto per giorni o settimane. L’interruzione totale dell‘attività o lavoro può innescare meccanismi di frustrazione e riduzione della tolleranza all’attività stessa. Questo meccanismo è chiamato ciclo del Boom and bust  ed è riscontrato in gran parte della popolazione che presenta dolore cronico.

Pacing

Come tutti sappiamo, un’attività passiva, come lo stare seduti per tempi troppo lunghi può provocare un peggioramento dei dolori lombari e cervicali. Per evitare che questo avvenga (soprattutto per chi è davanti al PC), basterebbe alzarsi regolarmente, fare quattro passi o stare un po’ in piedi. Ciò migliorerebbe la tolleranza alla posizione seduta. Questo meccanismo è chiamato “Pacing”.

Se si utilizzasse un timer, una sveglia, per ricordarsi di alzarsi dalla sedia e interrompere per qualche minuto il proprio lavoro, prima che i dolori aumentino, i risultati salutari sarebbero di gran lunga migliori. Il “Pacing” è uno strumento molto importante per gestire i dolori persistenti o cronici.

Pacing significa frazionare l’attività in piccoli “pezzettini” e fare qualcosa di differente o riposare prima di ritornare ad essa. Ad esempio molti guidatori hanno trovato questo escamotage, fermarsi di tanto in tanto ad una piazzola di sosta ed effettuare stretching o fare una piccola passeggiata prima dell’insorgere dei  loro sintomi. Questa è la chiave principale, semplice ed efficace per proseguire tranquillamente la propria attività. Basta capire quand’è il momento giusto di fare una pausa e riprendere.

Il “Pacing” riguarda anche lavori come la pulizia della casa. Dedicarsi continuamente per ore ed ore a questa mansione non è una cosa consigliata, meglio fermarsi di tanto in tanto o addirittura svolgerla in un arco di più giorni. Un altro esempio potrebbe essere quello di non fare una grande spesa in un solo giorno ma suddividerla in più giorni, evitando di portare troppi pesi. Tutto questo è un altro esempio di “Pacing”.

Misurare l’intensità di un’attività, darsi degli obiettivi e dei limiti, rispettarli e incrementarli con il tempo e soprattutto avere costanza e un atteggiamento positivo, sono le basi per affrontare i dolori persistenti ed evitare di ricadere sempre negli stessi errori, uscendo da questo Boom and Bust cycle.

Dolore alla schiena, Photo Credit: Designed by Freepik

Mal di schiena “Lower back pain”

Il mal di schiena o lombalgia, è un sintomo molto comune e la maggior parte della popolazione ne ha sofferto almeno una volta nella vita . Il più delle volte, i sintomi non sono indicativi di una patologia seria e tendono a migliorare, anche se molto spesso possono ritornare dopo un lasso di tempo. Ma per sopportare meglio questi dolori, ci sono degli accorgimenti che si possono attuare.

Come gestire il mal di schiena

I consigli sottostanti possono aiutare a ridurre il dolore alla schiena e accelerare i tempi di recupero:

  • Stare attivi e continuare a svolgere le normali attività di vita quotidiana. Questo è uno dei più importanti consigli, in quanto riposare per lunghi periodi può provocare un aumento dei sintomi.
  • Praticare esercizi di stretching per la schiena, ma anche svolgere attività come camminare, pilates, yoga o nuotare, potrebbe tornare molto utile.
  • Assumere farmaci anti-dolorifici o/e anti-infiammatori . (Necessario sempre chiedere un consiglio ad un esperto prima di assumere farmaci).
  • Utilizzare impacchi di acqua calda e fredda per un sollievo di breve termine.

Un consiglio che mi sento di dare, è quello di avere un atteggiamento positivo ed ottimista e pensare che il dolore sparirà presto. E’ dimostrato che le persone positive, nonostante i sintomi, abbiano tempi di recupero migliori.

Chiedere aiuto e consigli

Il mal di schiena generalmente migliora da solo dopo qualche settimana o mese, non è necessario consultare obbligatoriamente un medico o un professionista sanitario.
Ma nonostante ciò, è buona idea chiedere aiuto se:

  • il dolore non inizia a migliorare dopo qualche settimana;
  • il dolore ti impedisce di praticare qualsiasi attività di vita quotidiana;
  • il dolore è molto forte e peggiora con il tempo;
  • sei molto preoccupato e fai difficoltà a gestire i sintomi.

In questo caso, puoi consultare il tuo medico di base che, dopo un accurato esame, sarà in grado di decidere se mandarti da un medico specialista o da un fisioterapista.
Altrimenti puoi consultare direttamente un fisioterapista.

Causa del mal di schiena

Molto spesso non è possibile identificare le cause del mal di schiena anche detto “mal di schiena non specifico”. A volte, può essere la conseguenza di uno stiramento o strappo muscolare, spesso si presenta senza una vera ragione, raramente è causato da una patologia molto seria.

Occasionalmente può essere dovuto a condizioni mediche come:

  • Ernia del disco: danno del disco intervertebrale che va incontro ad uno spostamento e compressione dei nervi vicini;
  • sciatica: irritazione del nervo che decorre posteriormente dal bacino fino ai piedi.

Queste condizioni provocano sintomi ulteriori, come formicolio, debolezza e addormentamento dell’arto inferiore e sono trattate diversamente rispetto al mal di schiena non specifico.

Prevenire il Mal di Schiena

Prevenirlo non è una cosa semplice, ma i seguenti consigli aiutano a ridurre il rischio di recidive.

  1. Fare regolarmente esercizi di stretching, il fisioterapista può aiutarti a individuare i giusti esercizi da eseguire.
  2. Stare attivi e fare esercizi aiuta a mantenere la muscolatura della schiena forte, è consigliabile per un adulto fare 150 minuti di esercizi a settimana.
  3. Evitare di stare seduti per lunghi periodi.
  4. Controllare e correggere la postura in posizione seduta, soprattutto quando si è davanti al computer, si guida e si vede la TV
  5. Perdere peso attraverso una combinazione di dieta equilibrata ed esercizi, le persone sovrappeso ed obese hanno un rischio maggiore di sviluppare mal di schiena.

Quando chiedere immediatamente aiuto medico:

  • In caso di formicolio e addormentamento dell’area genitale e natiche
  • Difficoltà ad urinare
  • Perdita di controllo della vescica o dell’intestino
  • Dolore al torace
  • Febbre alta, da 38 gradi in poi.
  • Perdita di peso non spiegabile
  • Gonfiore o deformità della schiena
  • Dolore iniziato dopo un incidente serio (es: Incidente stradale)
  • Dolore che peggiora durante la notte e non migliora con il riposo.

Questi sintomi possono essere segno di qualche cosa di più serio, quindi è consigliabile consultare urgentemente un medico.