Trigger Point – Guida completa, sintomi, diagnosi e trattamento

Scopri tutto sui trigger point, noti anche come punti di dolore miofasciale. Leggi sui sintomi, la diagnosi e le opzioni di trattamento per ridurre il dolore e migliorare la funzione muscolare.

I trigger point, o punti di dolore miofasciale, sono aree iperattive nei muscoli che possono causare dolore localizzato o diffuso. Scopri di più sui sintomi, la diagnosi e le opzioni di trattamento per gestire questa condizione.

Sensibilità al tatto: I trigger point sono sensibili alla palpazione e possono causare dolore quando vengono stimolati. Questo dolore può essere localizzato o diffuso e può irradiarsi ad altre parti del corpo.

Origine: I trigger point possono svilupparsi a causa di vari fattori, tra cui traumi, tensione muscolare cronica, posture scorrette, stress emotivo e inattività. Identificare la causa sottostante è essenziale per un trattamento efficace.

Manifestazioni cliniche: I trigger point possono manifestarsi con dolore, rigidità muscolare, limitazione della gamma di movimento e sensazioni di intorpidimento o formicolio. Questi sintomi possono influenzare significativamente la qualità della vita.

Riferimento del dolore: Un aspetto unico dei trigger point è la capacità di riferire il dolore in altre parti del corpo. Ad esempio, un trigger point nel trapezio può causare dolore che si irradia al collo o alla testa.

Diagnosi: La diagnosi dei trigger point viene effettuata tramite esame fisico da parte di professionisti sanitari qualificati. Durante l’esame, il terapista cerca i punti trigger palpando il muscolo interessato e valutando la risposta del paziente alla pressione.

Trattamento: Esistono diverse modalità di trattamento per i trigger point, tra cui terapie manuali, agopuntura, utilizzo di strumenti di rilascio miofasciale, terapia fisica, stretching, rinforzo muscolare e iniezioni locali. Un trattamento mirato può aiutare a ridurre il dolore e migliorare la funzione muscolare.

I trigger point possono causare dolore e limitare la funzione muscolare, ma con il trattamento appropriato è possibile gestire efficacemente questa condizione. Consulta sempre un professionista sanitario qualificato per una valutazione e un trattamento personalizzati.

IL SANGUE

Costituisce il 6% del peso corporeo.

E’ una sospensione di diversi tipi di cellule in un mezzo acquoso: il plasma.

Gli elementi del sangue svolgono molteplici funzioni, essenziali sia per il metabolismo sia per le difese dell’organismo.

Nel plasma sono dissolte molte sostanze, tra cui l’ALBUMINA, la proteina più rappresentata. Dopo di essa, le proteine plasmatiche a più concentrazione sono gli ANTICORPI.

LE CELLULE DEL SANGUE SONO:

  • globuli rossi o eritrociti
  • globuli bianchi o leucociti
  • le piastrine

ERITROCITI: vita media di 120 giorni, vengono eliminati dalla milza e dal fegato, la principale proteina sintetizzata nel loro citoplasma e’ l’EMOGLOBINA.

LEUCOCITI: si distinguono in 3 classi:

  • granulociti ( a loro volta divisi in neutrofili, eosinofili e basofili), prodotti nel midollo osseo.
  • monociti, prodotti nel midollo osseo, hanno un ruolo importante nelle risposte immunitarie: agiscono sull’antigene in maniera da renderlo riconoscibile da parte dei linfociti B e T.
  • linfociti: comprendono i linfociti B e T. I linfociti B sono trasformati in plasmacellule con liberazione di anticorpi. Sono prodotti nei linfonodi, nella milza e nel timo.

PIASTRINE: originano dal midollo osseo, svolgono un ruolo importante nel controllo delle emorragie e nella formazione di coaguli entro i vasi sanguinei (trombosi). Sono implicate nei meccanismi di coagulazione e difesa dell’organismo. Hanno una vita media di 8-12 giorni e la loro distruzione avviene nella milza.

IL MUSCOLO SCHELETRICO

Il muscolo scheletrico è responsabile del movimento dello scheletro e di organi (bulbo oculare, lingua).

VOLONTARIO: può essere controllato dalla volontà.

STRIATO: la disposizione delle proteine contrattili da’ origine all’aspetto striato.

Tutti i muscoli scheletrici sono costituiti da FIBRE MUSCOLARI.

FIBRA: cellula molto allungata, multi nucleata. Può avere una lunghezza pari a quella dell’intero muscolo. Le fibre sono tenute insieme dal tessuto connettivo.

La contrazione e’ controllata dai nervi motori. Le singole fibre nervose si ramificano nel muscolo per innervare un gruppo di fibre muscolari definito: UNITA’ MOTORIA.

L’eccitazione di ogni nervo motore determina la contrazione simultanea di tutte le fibre muscolari dell’unita’ motoria.

Le singolo cellule muscolari (FIBRE) sono raggruppate in fasci allungati: FASCICOLI, circondati da tessuto connettivo.

All’interno della FIBRA sono presenti MIOFIBRILLE ossia strutture cilindriche disposte in modo parallelo. Ogni MIOFIBRILLA e’ suddivisa in unità contrattili i SARCOMERI.

I SARCOMERI sono proteine contrattili, parallele le une alle altre ed assumono un aspetto striato.

STRIATURE:

  • Banda I: chiara e larga
  • Banda A: scura
  • Banda Z: linee scure che dividono le bande I

Il sarcomero e’ formato da due tipi di filamenti:

SPESSI: costituiti dalla proteina MIOSINA

SOTTILI: costituiti dalla proteina ACTINA

I filamenti sono disposti simmetricamente e parallelamente all’asse della miofibrilla, rimangono di lunghezza costante indipendentemente dallo stato di contrazione.

IL PAVIMENTO PELVICO FEMMINILE

Il pavimento pelvico costituisce il fondo della cavità addominopelvica, su cui grava il ruolo di supporto dei visceri, di erezione dei corpi cavernosi dei genitali e di controllo della continenza.

Pur essendo il più robusto nei confronti degli altri mammiferi, è maggiormente sottoposto alle sollecitazioni del peso dei visceri e alle variazioni della pressione endo-addominale.

Il pavimento pelvico ha forma di cupola rovesciata incompleta nella porzione mediana, delimita inferiormente la piccola pelvi; ha funzione di sostegno dell’uretra e dei visceri pelvici e,  contraendosi simultaneamente con i muscoli addominali e con il diaframma, contribuisce all’aumento della pressione intraddominale.

Il pavimento pelvico rappresenta il piano muscolare del PERINEO.

Il perineo e’ l’insieme delle parti molli che chiudono in basso la PELVI.

Il termine “pelvi” deriva dal greco e dal latino e significa coppa o piatto, al suo interno sono contenuti i visceri pelvici: la vescica, l’utero e il retto.

Per pavimento pelvico IPOTONICO si intende una diminuzione di tono, trofismo e forza dei muscoli del pavimento pelvico.

Modificazione dei parametri funzionali da ipotono:

riduzione di forza, tono, endurance, trofismo e consistenza.

Tono muscolare del pavimento pelvico

  • Normal Pelvic floor:  i muscoli si contraggono e si rilassano
  • Overactive pelvic floor: i muscoli non possono rilassarsi
  • Underactive: i muscoli non possono contrarsi quando necessario
  • Non functioning: nessuna azione muscolare

La dinamica degli organi pelvici e’ condizionata da due sistemi:

sistema di sostegno e sistema di sospensione.

Il pavimento pelvico e la fascia endopelvica hanno la funzione  di:

  • mantenere la statica pelvica
  • garantire continenza
  • controllare le forze espulsive
  • prevenire il prolasso
  • garantire continenza urinaria e fecale

Il muscolo elevatore dell’ano e la fascia endopelvica hanno un ruolo interattivo nel mantenimento della continenza e nel supporto pelvico.

Il deficit anatomico e/o funzionale porta a prolasso genitale e/o incontinenza urinaria.

DISFUNZIONI DA IPOTONO

  • Incontinenza urinaria
  • Incontinenza fecale e  ai gas
  • Difficoltà ad evacuare
  • Prolasso anteriore e posteriore
  • Pesantezza pelvica
  • Iposensibilita’ sessuale

FATTORI DI RISCHIO

  • Gravidanza e parto
  • Menopausa
  • Fattori iatrogeni
  • Costipazione
  • Fumo, obesità
  • Disfunzioni osteo-articolari
  • Sesso ed età
  • Razza
  • Attività sportiva
  • Radioterapia

Cicatrici e postura

Molti sono coloro che devono convivere con delle cicatrici in svariate parti del corpo a seguito di un intervento chirurgico. Il tessuto cicatriziale e’ molto più rigido e resistente rispetto a quello originario, non ha la stessa elasticità della pelle integra e questo può portare alla sviluppo di infiammazioni e problemi funzionali legati alla postura. Qualsiasi tipo di intervento, dall’asportazione dell’appendicite, delle tonsille, della colecisti o il taglio cesareo ecc. non va dato per scontato (è dunque opportuno informare il terapista su ogni intervento a cui si è stati sottoposti), in quanto può essere la causa di dolori e cattive posture.

Le cicatrici non sono tutte uguali.

 Distinguiamo:

  • cicatrici ipertrofiche in cui il tessuto cicatriziale si forma in maniera eccessiva e rimane dolente
  • cicatrici atrofiche in cui il tessuto che si forma non e’ sufficiente e l’area appare di aspetto depresso, secco.

Il CHELOIDE è invece una crescita anormale di tessuto fibrotico che supera i margini della ferita iniziale, deformando la cute, si manifesta come una cicatrice in rilievo dal colore rosso-violaceo.

Da non sottovalutare sono le aderenze interne che si possono formare dopo l’intervento e che interferiscono con la normale funzione di nervi, muscoli e articolazioni. Sono aree di rigidità dove i tessuti sono meno elastici e questo accade sulla cute (dove c’è la cicatrice) sia a livello profondo.

Le  cicatrici possono determinare una trazione a livello cicatriziale che si ripercuote sui  tessuti circostanti come la fascia connettivale,  i vasi e nervi, e sulle fibre muscolari, i disturbi possono propagarsi fino a zone più lontane, provocando un’alterazione di tutto l’organismo e la comparsa di dolore e limitazione dei movimenti.

E’ molto importante lavorare sulle cicatrici con una serie di procedure di impastamenti e pinzamenti oltre che stiramenti fatti nella zona lungo la cicatrice. Utili sono anche i trattamenti con il freddo, massaggiando con un cubetto di ghiaccio.

Ogni cicatrice va valutata e correlata al sistema tonico posturale.

Spesso si riscontrano in clinica persone che soffrono di mal di schiena, mal di testa, dolori osteoarticolari e  disfunzioni degli organi interni, che sono recidivi a ogni trattamento. Questi soggetti sono a volte portatori di cicatrici che alterano il sistema. In questo caso la cicatrice deve essere trattata come indicazione prioritaria altrimenti ogni trattamento può risultare vano.

Morbo di Scheuermann

Detto anche DORSO CURVO GIOVANILE

Condizione relativamente comune, in cui mal di schiena e cifosi si associano ad alterazioni localizzate dei corpi vertebrali.

Il disturbo si manifesta durante l’adolescenza. Più frequente nel sesso femminile.

Esistono due tipi di cifosi di Scheuermann:

  1. con apice a livello di D7-D9: cifosi dorsale
  2. con apice a livello di D11-D12: cifosi lombare.

E’ una deformità strutturale che si caratterizza per una accentuazione della normale curvatura del rachide dorsale (cifosi) e con una secondaria iperlordosi lombare.

I segmenti ossei colpiti presentano un’ossificazione profondamente alterata con alterazioni morfostrutturali della cartilagine di accrescimento. Se non curata può evolvere verso la scoliosi franca, la spondilolistesi e la spondilolisi.

Causa

Sconosciuta

Riconosce una predisposizione familiare. Esistono fattori predisponenti:

  • ereditarieta’
  • difetti metabolici
  • microtraumi
  • sport usuranti
  • coinvolgimento vascolare

Sintomi

Patologia  a lenta progressione

Cifosi dorsale: comparsa di una deformità senza sintomi importanti; dolore nel 20% dei casi, iperlordosi.

Cifosi lombare: lamentano dolore vivo nell’80% dei casi, ipolordosi

  • postura a spalle curve
  • stanchezza muscolare che diventa piu’ frequente a lievllo della regione toracica
  • rigidità del tratto toracico.

Diagnosi

  • Valutazione clinica
  • Radiografia del rachide
  • TAC e RMN : conferma di diagnosi

Terapia

Forma lombare: generalmente risponde bene a

  • terapia farmacologica: FANS, steroidi
  • terapia riabilitativa

Forma dorsale:

  • apparecchi gessati in iperestensione
  • trattamenti chirurgici.

Hai mai sentito parlare di Spondilolisi ??

E’ una malformazione vertebrale (frattura) che consiste nell’interruzione dell’istmo.

L’istmo e’ la porzione ristretta dell’arco posteriore della vertebra che e’ compresa tra il processo articolare superiore e quello inferiore. In ogni vertebra abbiamo due istmi, uno per ogni lato. In questa specifica zona l’arco vertebrale e’ relativamente sottile ed in alcuni soggetti può interrompersi: spondilolisi.

E’ relativamente frequente.

Può essere unilaterale e bilaterale.

Si può presentare a qualsiasi livello della colonna vertebrale, ma più spesso si verifica a livello della V vertebra lombare (95% dei casi) e meno frequentemente alla IV vertebra.

Nel 50-60% dei casi e’ accompagnata da SPONDILOLISTESI ossia lo scivolamento in avanti della parte anteriore della vertebra, causando uno stiramento delle radici nervose e dolore.

Fattori di rischio

  • attività che sollecitano ripetutamente la colonna in ipertensione, soprattutto se tale movimento e’ combinato alla torsione del tronco
  • sollevamento ripetuto di carichi ingenti
  • ginnastica artistica, pesi, subacquea, pattinaggio, danza

Eziologia

  • congenita
  • mancanza di ossificazione
  • stress ripetuti a livello lombosacrale
  • microtraumi
  • malformazioni

Sintomi

Risulta asintomatica nella maggior parte dei casi. Tuttavia possiamo osservare:

  • dolore lombare
  • rigidità muscolare
  • spasmi muscolari
  • compressione radicolare

Diagnosi

  • anamnesi
  • esame obiettivo
  • radiografia sotto carico
  • TC sotto carico
  • RM
  • elettromiografia

Terapia

  • terapia riabilitativa
  • intervento chirurgico

SPONDILOLISTESI

E’ lo scivolamento in avanti del corpo vertebrale perdendo cosi l’allineamento dei corpi vertebrali tra loro. Questo scivolamento rispetto alla vertebra sottostante può manifestarsi:

  • in avanti: anterolistesi
  • posteriormente: retrolistesi
  • lateralmente: laterolistesi

E’ una conseguenza della spondilolisi

Più la persona e’ giovane e più il rischio di uno scivolamento in avanti aumenta. Nella maggior parte dei casi riguarda la cerniera lombo-sacrale:

  • quarta e quinta vertebra lombare
  • quinta vertebra lombare e sacro

Gli sport più soggetti a questo tipo di lesione sono: tuffi, ginnastica artistica, sollevamento pesi, golf.

Classificazione

Grado 1: lieve scivolamento

Grado 2: scivolamento che interessa la metà della vertebra sovrastante

Grado 3: scivolamento fino al bordo posteriore della vertebra sovrastante

Grado 4: scivolamento completo

Eziologia

  • congenita
  • eventi traumatici
  • continue sollecitazioni (inarcamenti) a carico della colonna vertebrale: fratture da stress
  • peso corporeo: quando supera del 20-30% quello ideale

Sintomi

Dipendono dal grado di scivolamento e dalla velocità con cui questo avviene.

Generalmente si manifesta con una fastidiosa lombalgia, che migliora da seduto.

Iperlordosi.

In alcuni casi può essere asintomatica oppure associarsi a sciatica.

Diagnosi

  • anamnesi
  • esame obiettivo
  • radiografia
  • RM: esame  d’elezione

Terapia

  • FANS, antidolorifici
  • terapia riabilitativa
  • chirurgia: rara

L’artrite reumatoide

Sindrome a decorso cronico, caratterizzata da una infiammazione no specifica e generalmente simmetrica delle articolazioni periferiche.

Può evolvere in una distruzione progressiva delle strutture articolari e periarticolari. Possono essere presenti anche manifestazioni sistemiche.

L’eziologia e’ sconosciuta. Le donne vengono colpite con maggiore frequenza. La massima incidenza e’ tra i 25 e i 50 anni.

Il NODULO REUMATOIDE e’ la lesione più caratteristica, localizzata a livello sottocutaneo. E’ un granuloma caratterizzato da una zona centrale necrotica circondata da processo infiammatorio.

L’esordio e’ per lo più insidioso, con coinvolgimento articolare progressivo, dolorabilita’ di quasi tutte le articolazioni attive. E’ tipico il coinvolgimento simmetrico delle piccole articolazioni di:

mani, piedi, polsi, gomiti, caviglie.

Sintomi

  • Rigidità mattutina di durata maggiore a 30 minuti, o dopo  prolungata inattività
  • Malessere pomeridiano e affaticamento
  • Deformità soprattutto deviazione ulnare delle dita
  • Presenza di noduli reumatoidi
  • A volte febbre modesta e interessamento polmonare

Esami radiologici e di laboratorio

  • E’ presente anemia normocitica e normocromica
  • La VES (velocità di eritrosedimentazione) e’ elevata
  • Il fattore reumatoide  e’ alto
  • Il liquido sinoviale e’ sempre alterato: opaco, sterile, poco viscoso e ricco di globuli bianchi
  • Alterazioni radiologiche: erosione, osteoporosi

Diagnosi

Per porre diagnosi di artrite reumatoide devono essere presenti quattro dei seguenti criteri da almeno 6 settimane:

  • Rigidità mattutina > o = 1ora
  • Artrite a carico di almeno 3 zone articolari
  • Artrite delle articolazioni della mano
  • Artrite simmetrica
  • Noduli reumatoidi
  • Presenza del fattore reumatoide nel sangue
  • Alterazioni radiografiche che debbono comprendere erosioni e osteoporosi

Terapia

  • Riposo e dieta regolare
  • FANS
  • Fisioterapia: mobilizzazioni passive per migliorare l’articolarita’ e ridurre le contratture, esercizi attivi per sviluppare la muscolatura e mantenere una normale motilità articolare
  • Terapia chirurgica

La Fascite Plantare

E’ una patologia relativamente frequente. Rappresenta circa il 10% di tutte le patologie che interessano il piede ed è una delle più comuni cause di dolore al tallone.

Si manifesta soprattutto tra gli sportivi (saltatori, giocatori di calcio, corridori di fondo).

Colpisce il sesso femminile con maggior frequenza tra i 40 e i 60 anni.

E’ dovuta alla ripetizione continua di eccessivi sovraccarichi a livello podalico che determinano l’infiammazione dell’aponeurosi plantare detta anche legamento arcuato o fascia plantare. E’ una robusta fascia fibrosa che unisce il calcagno con le falangi prossimali delle dita. All’altezza del tallone, e’ coperta da un cuscinetto di grasso che contribuisce ad assorbire gli shock che si generano quando si cammina.

Ha la funzione di sostenere il piede, incurvandolo. Gioca un ruolo importante nella trasmissione del peso corporeo al piede durante la  deambulazione e la corsa. In particolare, quando il piede si eleva sulle punte staccando il tallone dal suolo, l’aponeurosi plantare subisce una distensione. La ripetizione continua  di microtraumi che si ripercuotono sull’aponeurosi causano:

  • perdita di elasticità
  • eccessivo accorciamento
  • degenerazione: FASCITE

Il punto più sensibile a questo tipo di lesioni e’ l’inserzione calcaneare dell’aponeurosi.

Eziologia

Può insorgere a causa di vari fattori, spesso combinati tra loro

  • Piede piatto o cavo
  • Scarpe inadeguate
  • Sovrappeso, obesità, diabete
  • Allenamenti inadeguati
  • Contratture o debolezza di alcuni muscoli della gamba

Sintomi

  • DOLORE: inizialmente localizzato nella parte interna del calcagno, successivamente tende a spostarsi verso l’avampiede, migrando lungo tutta la pianta e risparmiando soltanto le falangi distali del piede. Spesso più severo al risveglio, tende a diminuire per poi ricomparire dopo una lunga passeggiata o al termine della giornata.
  • Nello sport il dolore insorge solitamente nelle fasi di riscaldamento per poi scomparire mano a mano che l’allenamento prosegue.

Il più delle volte colpisce prevalentemente un solo piede.

Diagnosi

  • Anamnesi
  • Ecografia: mostra irregolarità nella zona d’inserzione della fascia
  • TC e radiografia: per escludere altre cause di dolore al tallone

Terapia

  • Riposo: sospendere per qualche settimana gli allenamenti ed evitare di camminare o rimanere in piedi troppo a lungo, specie su superfici rigide. Se il dolore e’ particolarmente intenso, il soggetto deve utilizzare delle stampelle per scaricare completamente il piede
  • Ghiaccio: collocarlo al di sotto del tallone per circa 15 minuti, 3 o 4 volte al giorno
  • Terapia riabilitativa: esercizi di rinforzo e stretching, terapia manuale , massoterapia
  • Elettroterapia: ultrasuoni, ionoforesi, onde d’urto
  • FANS
  • Plantari o tallonette
  • Tutori notturni: eliminano il dolore al risveglio
  • Iniezioni locali di cortisone: non prive di rischi in quanto possono favorire l’indebolimento della fascia plantare ed atrofizzare il cuscinetto adiposo che protegge il tallone
  • Intervento chirurgico: soltanto qualora la fascite non tenda a migliorare dopo un trattamento aggressivo prolungato (8-12 mesi).

Tanto più tempestivamente viene iniziato il trattamento riabilitativo, tanto più precocemente si assisterà ad una riduzione dei sintomi. Al contrario se non si attuano le misure necessarie, oltre a cronicizzare, tenderà a modificare l’appoggio plantare del soggetto causando a lungo andare complicazioni a livello di ginocchia, bacino e schiena.

Le Scoliosi

Una scoliosi è una curvatura vertebrale sul piano frontale con rotazione delle vertebre.

Questa curvatura può essere

  • Fissa
  • Atteggiamento scoliotico

CURVATURE FISSE

Si caratterizzano per una deformazione delle vertebre, che divengono trapezoidali o cuneiformi durante la crescita. La curva si accompagna a una rotazione vertebrale che si traduce all’esame in una GIBBOSITA’ , ben visibile nella posizione inclinata in avanti.

ATTEGGIAMENTI SCOLIOTICI

Si vedono di solito in:

  • disequilibri del bacino per dismetria degli arti inferiori
  • curvature antalgiche
  • legata a una contrattura muscolare

Le vertebre hanno una forma normale.

La curva di compensazione si corregge con la scomparsa della causa.

La scoliosi viene classificata in:

  • congenita: associata ad anomalie scheletriche
  • acquisita: lesioni traumatiche, infiammatorie, neuromuscolari
  • idiopatica: rappresenta la forma più frequente. Si ipotizzano alterazioni di tipo: genetico, neuromuscolare, biochimico, metabolico, sviluppo, accrescimento etc.

Sintomi

Variano da individuo ad individuo, tuttavia elenchiamo i sintomi piu’ comuni:

  • spalle ad altezza differente
  • testa in posizione non direttamente centrale rispetto al bacino
  • anca sollevata e prominente
  • coste ad altezza differente
  • fianchi irregolari
  • inclinazione di tutto il corpo verso un lato
  • prominenza delle coste quando si china
  • variazioni nel colore e nella consistenza della cute che ricopre la colonna
  • accorciamento del tronco che  può essere responsabile di disturbi respiratori e cardiaci

Trattamento

La rieducazione posturale e gli esercizi sono fondamentali per un miglioramento della postura e dei sintomi.

I corsetti e la chirurgia sono utilizzati nei casi più gravi.